Siamo singole e collettivi di donne e lgbit appartenenti alla rete CommuniaNet che hanno animato le mobilitazioni e le reti di genere che ci sono state quest’anno in Italia, nate anche sotto la spinta dei movimenti europei su autodeterminazione, diritto all’aborto, sanità pubblica, come YO DECIDO in Spagna.
Lo stato di attacco che subiamo tutti i giorni ci accomuna alle mobilitazioni europee, ma le lotte italiane non hanno saputo produrre un movimento di rivendicazione unitario e sono state frammentarie e sparse sul territorio nazionale, incapaci di costruire una piattaforma comune. Nonostante questo crediamo che le lotte intraprese racchiudano in sé un grande potenziale, in quanto sono il frutto di un rinnovato interesse verso le questioni di genere, da parte di nuovi collettivi politici, intellettuali, artisti e singole. Pensiamo che siano propizi i tempi per aprire un confronto tra le diverse esperienze, le molte pratiche e le varie organizzazioni, volto alla riscrittura di una teorizzazione e pratiche politiche condivise capaci di rispondere alle esigenze dei tempi moderni: un dibattito che sappia tenere dentro sia le teorie femministe che queer, che sappia prendere spunto sia dalle esperienze passate che dalle critiche emergenti e che coinvolga tutti le attrici che si mobilitano per cambiare lo stato di cose presenti.
Communia Network è una rete politica e sociale, fatta di idee che spingono alla costruzione di nuove pratiche e di un nuovo lessico politico, consapevole che questo processo è impossibile senza la messa al centro delle istanze di genere.
Per questo abbiamo deciso di dedicare parte del programma del CommuniaFest ad affrontare questi temi: una mattinata di confronto e di discussione aperta alle e ai militanti della rete Communia, alle singole e ai collettivi nazionali che vorranno discutere con noi l’eventualità di aprire una discussione che mira a rilanciare una riflessione femminista queer comune, in grado di spiccare nel dibattito attuale per differenza di metodi e di contenuti.
Quello che ci interessa analizzare è da un lato l’orizzonte all’interno del quale si formano i soggetti, cioè il capitalismo contemporaneo e il modo in cui questo agisce sulle vite delle donne e delle persone lgbit, il modo in cui trasforma le relazioni di genere e quello in cui coopta i nostri discorsi e le nostre lotte e impone norme vecchie e nuove; dall’altro i processi concreti di soggettivazione. Ci interessa porre e affrontare quesiti quali: come ripensare alla classe contemporanea attraverso il genere? Cosa vuol dire lotta di classe o antagonismo di classe, se il genere diviene centrale e non periferico? Come costruire un’analisi e una lotta che si articolino fra femminismo, rivendicazioni lgbit e queer, che guardino al genere come una costruzione sociale da mettere radicalmente in discussione, ma senza perdere di vista i rapporti di potere e dominio che si strutturano all’interno di questo sistema? E’ possibile in quest’ottica definire la messa a valore del genere nell’ambito lavorativo e nello specifico nella condizione di precarietà? a partire da ciò è possibile definire diritti dei lavoratori e un welfare che vadano oltre una concezione dicotomica? Cosa vuol dire criticare la norma sessuale e di genere, ma partire dalla rivendicazione di un’identità e di una soggettività oppressa come premessa di lotta? Che vuol dire emancipazione e libertà in questo contesto?
Abbiamo la consapevolezza che riuscire a sviscerare gli argomenti sopra proposti sarà possibile solo con un percorso lungo. Questa giornata vuole essere solo un primo momento di confronto per lanciare un percorso con tutte le soggettività che vorranno farne parte, perché vogliamo che la riscrittura di un manifesto che qui lanciamo sia fin dai suoi albori un processo collettivo e condiviso. Quindi il programma proposto verterà su alcune tematiche generali che pensiamo siano parte integrante del dibattito che da questa giornata vorremmo lanciare.
Vi invitiamo quindi sabato 20 settembre c/o Communia, via dello Scalo san Lorenzo 33, Roma.
Di seguito il programma:
– ORE 9:30: Plenaria di introduzione e presentazione del progetto
Introduce Cinzia Arruzza, autrice di Relazioni Pericolose. Matrimoni e divorzi tra marxismo e femminismo; Assistant Professor of Philosophy alla New School for Social Research a New York.
– ORE 10:00: workshop
Ricostruire il comune queer – L’introduzione sarà a cura di Cesare Di Feliceantonio, militante di QueerLab e Degender Communia, dottorando presso l’Università di Roma Sapienza
Completamente schiacciata dalle rivendicazioni sul matrimonio e l’accesso ai diritti di cittadinanza, la politica LGBT mainstream ha rimosso l’importanza politica e pubblica delle relazioni e della sessualità confinandole nella sfera del “privato” e delle “scelte e libertà individuali”, sposando così appieno l’ideologia neoliberista che separa e mette a profitto “vita pubblica” e “vita privata”. Scopo del workshop sarà quindi quello di ridiscutere la necessità di rimettere al centro le relazioni come spazio comune di costruzione di un’alternativa dal basso alla messa a profitto di corpi e desideri da parte della governance neoliberista. In questo senso, nel corso del workshop cercheremo di recuperare e combinare assieme stimoli provenienti tanto dalla teoria queer quanto dalla politica di liberazione sessuale degli anni ’70, situandoli però nell’orizzonte materiale degli spazi di autorganizzazione che costruiamo quotidianamente.
Come il genere viene messo a valore – Angelita Castellani, militante femminsta e ricercatrice ISTAT e collettivo femminista Degender Communia (Roma)
Il capitale sussume oggi il lavoro femminile, utilizza le cosiddette capacità di cura delle donne come surrogato del welfare e dei servizi demoliti e in via di demolizione, dall’altro lato mantiene in vita arcaismi ideologici e le opposizioni che gli servono a esercitare il dominio. Le differenze di genere esistenti sono il frutto di processi storici e politici che le hanno sfruttate per creare l’attuale sistema. Il movimento femminista ha da sempre avuto difficoltà a inserirsi a pieno titolo all’interno del movimento dei lavoratori in quanto le rivendicazioni generali sono sempre state asessuate – maschili – mentre quelle delle lavoratrici esclusive delle donne, portando alla “soluzione” per cui i diritti delle lavoratrici sono stati definiti solo nell’ambito ristretto della maternità. E’ possibile definire i diritti che superino la dicotomia uomo-donna? E possibile costruire oggi rivendicazioni che siano generali, consapevoli di tenere dentro quelli che prima erano rivendicazioni particolari?
D’altro canto non possiamo ignorare che dopo un breve periodo di “conquiste lavorative”, si è tornati alla condizione di precarietà tipica del sistema capitalista. Donne e soggetti lgbit sono maggiormente colpiti non solo in ambito lavorativo, ma in tutti gli aspetti delle proprie vite. Precarietà e tagli al welfare attaccano le possibilità di reale emancipazione: la famiglia con i suoi valori, al contrario, viene proposta come unico sistema di sostegno, vincolando la possibilità di indipendenza e di scelta.
Come affrontare, quindi, i ruoli di genere che anche nell’ambito lavorativo ci vengono proposti e imposti dal sistema vigente? Le pratiche queer possono servire per affrontare i mutamenti esistenti nel mondo del lavoro oggi?
Per una lettura femminista e queer della violenza di genere – Diana operatrice del Centro donna Lisa
Viviamo in una società che ci abitua, anestetizza e rende colpevoli di fronte alla violenza: la violenza sulle donne ha origini lontane e trans culturali e il sistema capitalistico la sfrutta a suo favore. Oggi ci troviamo di fronte ad un drastico incremento di donne e soggetti lgbti che subiscono violenza, spesso morendo per questa e tale aumento non è casuale, ma direttamente connesso alla situazione di crisi economico sociale che stiamo vivendo. La violenza vede il suo apice nell’aggressione fisica ma non si limita a questo, è istituzionale; è mobbing sul lavoro; è stalking; è la mancanza di un reddito sociale che permetta alle donne, alle lesbiche, ai gay e alle persone trans* di non potersi rendere indipendenti dalla famiglia, primo luogo di oppressione dei desideri e delle identità che divergono dalla norma imposta. Le politiche di contrasto alla violenza in atto oggi unite alla mancanza di un welfare creano un fenomeno di responsabilizzazione della vittima che non viene tutelata, ma lasciata sola nella spirale di violenza. Pensiamo che sia necessario produrre un analisi che non si fermi al dato ma che legga la violenza sui soggetti oppressi come direttamente connessa alla situazione politica, economica e sociale, che sappia tenere insieme una lettura femminista e queer.
Omonazionalismo e femonazionalismo: nuove forme di imperialismo e di oppressione – Marie Moise (collettivo femminista e LGBIT Le Lucciole) e Nadia De Mond
In un’ ottica di scrittura di un manifesto femminsta e queer, non possiamo esimerci dall’analizzare la complessità migrante, e la sua dinamica di relazione con i fondamenti simultaneamente imperialisti razzisti e sessisti della società occidentale contemporanea. Comprendere dunque chi siano oggi i/le migranti in Italia deve ripartire da una rilettura di genere di del rapporto tra tale soggettività ed il contesto politico-sociale europeo, oltre che da una rilettura di genere di tale soggettività in sé.
I meccanismi di sfruttamento e gestione del lavoro migrante infatti, sottoposti ad un processo di sistematica femminilizzazione, sono alimentati da una costante produzione ideologica di stampo razzista e xenofobo, che arriva a strumentalizzare i movimenti femministi e lgbit nell’ottica di produrre una gerarchia socio-economica e di perseguire, sotto nuove forme, la dominazione neoimperialista.
La negazione di diritti ai soggetti migranti, ricalca cosi da una parte il modello di oppressione patriarcale a cui storicamente si sono opposti i movimenti femministi europei, e dall’altra sussume il discorso emancipatorio per nominare e definire il nuovo escluso, o meglio, la nuova esclusa.
– ORE 12:30: Plenaria conclusiva di restituzione dei workshop … è possibile lanciare il percorso per un manifesto queer e femminista?