Il 28 marzo, all’interno dell’ExproprioFest – Festival di riappropriazione di Ri-Make, il nostro collettivo ha portato “SEXIES AND THE CITY” laboratorio sugli stereotipi nella città di Expo.
Qui sotto restituiamo i collage de* partecipanti!
Il demone della diversità
Ho decostruito lo stereotipo dell’uomo istruttore di palestra e quindi palestrato.
Nel collage, si vede in sfondo nella parte alta il quartiere di Isola, sede generale di Expo 2015. La città è distrutta, attaccata da vari “mostri” e in seguito alla distruzione insita nel progetto del grande evento, alcuni palazzi sono in fiamme. Al centro, ciò che per l’uomo istruttore di palestra è effettivamente al primo posto, un corpo scolpito e palestrato.
Nella parte di sfondo inferiore invece, compare ciò che non è Expo, e infatti si vede un corpo maschile, sempre palestrato, che lentamente fa posto alla sua parte femminile, che cede alla decostruzione, che si lascia andare al dubbio e all’”altro”, fiori come genitali neutri da autodeterminare.
Avevo da rappresentare l’uomo padre e volevo decostruirlo come padre orientale. Di solito si pensa infatti a quello bianco e occidentale. Volevo anche rappresentare un uomo sposato, ‘sta volta con un altro uomo, che si occupasse dei propri figli (cosa che nella mia idea di stereotipo legato al padre di famiglia, non compare). Sullo sfondo l’immagine della città di Expo che non si cura della natura, non si cura di altro se non di sé stessa. Aggiungo quindi questa natura incontaminata che simboleggia il desiderio dell’uomo di non essere avvolto solo da cemento e grattacieli. Lo dedico all’amore per l’ambiente e per la natura e ad un uomo che ama i suoi figli e li accudisce assieme ad un altro uomo che è la sua famiglia.
Avevo da decostruire la casalinga e ne ho creata una allora atipica: è una ereditiera, fa dolcetti, si dedica alla casa, ha gusto e stile in casa. E’ anche ambasciatrice di women for Expo, manda ricette come viene richiesto dal sito. Sulla immagine del quartiere di Isola, fluttua infatti una nuvoletta rosa. Per lavarsi la coscienza scrive su un suo blog di diritti umani. E’ una amante del divertimento ma non lo fa alla luce del sole, si diverte ma in segreto nelle chat di notte. Viaggia con le amiche in posti esotici come la Thailandia.
Avevamo da decostruire l’uomo immigrato, ma rifarlo, decostruirlo senza essere uomini immigrati ci sembrava una sovradeterminazione e quindi abbiamo rivisitato l’uomo immigrato nel mondo di Expo. Quindi abbiamo inserito la scritta “Un mito chiamato lavoro”, un Expo cultura zero, droni della polizia, una esposizione che controlla ma che non è controllata , che è guardato da milioni di persone del mondo ma che non guarda alle persone del mondo.
Siccome Expo è demenziale, il papa vestito da sposa in basso in fondo.