Le Lucciole
Collettivo femminista e lgbitq
IL CAPPIO AL COLLO DEL POPOLO GRECO. Dialogo solidale di donne PIGS
Categories: General

donne crisiqui l’evento fb

Con Rosa Calderazzi (Italia) Anna Maria Iatrou (Grecia) Lorena Garròn Rincòn (Spagna)

3 GIUGNO alle ore 21 nella sede di Ri-Make via Astesani 47 (fermata MM gialla di Affori FN)

Cena dalle 20 alle 21

 

Siamo donne che resistono alla crisi. Abbiamo preso a partire dal 2012, una serie di iniziative di solidarietà politica e materiale con il popolo greco. Siamo donne ma non ci preoccupiamo solo delle donne. Gli attuali meccanismi dell’economia e la loro crisi travolgono donne e uomini, in maniera più grave oggi in GRECIA. A sostegno del popolo greco dovrebbe esserci oggi una grande mobilitazione nell’Europa dell’euro. Il cappio stretto intono al suo collo oggi, sarà stretto intorno a quello dell’intero continente domani. Oggi tocca alla GRECIA, domani toccherà agli altri PIGS (Portogallo, Italia. Grecia, Spagna), in inglese MAIALI, cioè i paesi spreconi che hanno mangiato troppo e oggi devono pagare il conto. Anzi – come dice con un eufemismo la vulgata dominante – “onorare il debito”. Presto anche coloro che oggi si sentono al sicuro potranno verificare quanto sia alto il prezzo di questo tipo di unità europea. Il sogno progressivo degli STATI UNITI D’EUROPA si è infatti trasformato in un incubo. E l’incubo è appena cominciato.

Siamo donne PIGS e se è vero che non ci preoccupiamo solo delle donne, è anche vero che non dimentichiamo il prezzo più alto che le donne pagano alla crisi. Ma non vogliamo in questa occasione sottolineare i nostri guai e le nostre difficoltà. Vogliamo raccontare come con le loro LOTTE, con la loro massiccia presenza nelle attività di MUTUO SOCCORSO, con le loro INIZIATIVE di SOLIDARIETA’ le donne resistono alla crisi. In Grecia le donne hanno partecipato in massa ai 26 scioperi generali, all’occupazione e autogestione della televisione pubblica, ai comitati di sciopero del personale amministrativo dell’Università, ai movimenti di autogestione di ambulatori e di mense. Importante per la forza e la creatività che hanno caratterizzata la lotta di 600 lavoratrici del Ministero dello Sviluppo Economico messe dal governo Samaras in “lista di riserva” (l’anticamera del licenziamento) e poi riassunte dal nuovo governo. In Spagna le donne hanno vinto e costretto alle dimissioni il ministro della Giustizia Gallardon, che aveva presentato un disegno di legge che di fatto abrogava la legge varata 30 anni fa e prevedeva la possibilità di abortire legalmente solo in caso di stupro.

 

RESISTERE VUOL DIRE PRIMA DI TUTTO INFORMARSI E INFORMARE

Ciò che accade in questi giorni impone di rivolgere la nostra attenzione soprattutto alla Grecia perché in questo paese per la prima volta un governo afferma che non si piegherà alla dittatura della troika. Malgrado esitazioni e illusioni che rischiano di compromettere gli esiti finali, di recente il partito di sinistra radicale al governo ha affermato che non voterà altre liberalizzazioni del mercato del lavoro, ripristinerà i contratti collettivi e non imporrà le nuove misure di austerità richieste dalla troika. E soprattutto non pagherà il debito di 305 milioni di euro al Fondo Monetario Internazionale. La prospettiva del default diventa quindi sempre più concreta e non è la peggiore delle ipotesi, perché significa interrompere il salasso, come già aveva fatto nel 2001 l’Argentina che aveva conosciuto poi una sia pur contraddittoria ripresa economica. Ma come la Grecia è arrivata a questo punto? Comprenderlo è importante perché in quel paese si sono messe in moto dinamiche molto simili a quelle presenti oggi in Italia e negli altri Pigs.

I guai più gravi per la Grecia sono cominciati quando nel 2009 i cosiddetti “uomini in nero”, gli inviati della troika – Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea – sono giunti in missione ad Atene per dettare le condizioni dell’accesso della Grecia a un fondo di salvataggio (Efsf, poi Esm e in italiano Mes). Non portavano doni, come i re Magi, ma solo prestiti con relativi interessi. Malgrado non si trattasse di regali, i soldi del fondo sono furono concessi a specifiche e rigide condizioni. Dovevano servire a pagare gli obblighi del debito ed essere ripagati non solo con interessi e capitale, ma anche con l’impegno ad applicare le ricette di risanamento della Troika. La ricetta era la stessa imposta a tutta l’Europa dell’euro, anche se declinata con termini diversi: AUSTERITA’, RIGORE, SACRIFICI. Applicata con particolare ferocia alla Grecia, l’austerità ha significato licenziamenti di massa, tagli drastici alle pensioni e alla sanità, aumento delle tasse agli strati medio-bassi della popolazione, ecc. Con l’ovvio risultato non certo del presunto RISANAMENTO, ma di una forte contrazione complessiva dell’economia, di una disoccupazione cronica e di un’emergenza umanitaria che le istituzioni europee si rifiutano di riconoscere.

Sono reperibili in giro per siti, riviste e libri testi che lamentano gli errori e le incomprensioni della politica economica dell’Europa. Ma è mai possibile che non si capisca che, comprimendo in ulteriormente la domanda, non si risana un bel niente e anzi il rapporto debito-pil non può far altro che continuare a crescere? In realtà il problema non è di incomprensione, ma degli interessi che dominano la costruzione politica dell’Europa dell’euro. La Banca Centrale Europea, che detta la politica economica ai paesi dell’EUROZONA, è l’espressione del sistema bancario privato europeo. La sua politica economica quindi e OVVIAMENTE funzionale agli interessi del mercato finanziario e per giunta di un mercato finanziario in FORTE CRISI. Per propria colpa e cioè per una serie di operazioni di SPECULAZIONE DISSENNATA, di cui oggi fa pagare il prezzo a un’intera comunità, in modo particolare ai suoi strati socialmente meno forti. La politica economica imposta in Grecia dagli “uomini in nero” non ha avuto quindi come obiettivo un mitico risanamento, ma la riduzione al minimo possibile (e impossibile) delle spese dello stato che non riguardino il pagamento di interessi e capitale del debito e le operazioni di salvataggio delle banche.

Lo stato di cose determinato dall’austerità è all’origine della vittoria di un partito di sinistra radicale nelle ELEZIONI DEL 25 GENNAIO, portato al governo dall’onda di anni di MANIFESTAZIONI, SCIOPERI GENERALI, RESISTENZE AUTORGANIZZATE dei settori popolari più colpiti dalla crisi. La Grecia ha visto infatti negli ultimi anni moltiplicarsi gli ambulatori autogestiti per coloro che hanno perso il diritto all’assistenza sanitaria, le mense collettive, i centri di auto-aiuto, i presidi permanenti contro gli sfratti. La risposta della troika è stata immediata. Già il 4 FEBBRAIO la BCE annunciava che non avrebbe finanziato le banche greche con il cosiddetto quantitative easing, diversamente da quanto ha fatto per gli altri paesi europei. E tutto questo mentre si intensificava il ritiro massiccio di liquidità (11 miliardi nel solo mese di gennaio). Le istituzioni europee hanno deciso quindi di applicare con il nuovo governo la linea dura, nella logica di “COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO”. Le ragioni sono interamente politiche, visto che il debito della Grecia è ben poca cosa rispetto ai crediti complessivi del sistema bancario europeo, Dai bilanci della Deutsche Bank risulta per esempio un’esposizione in derivati di 54.600 miliardi di euro rispetto a un debito greco che nel 2013 era di 318,7 miliardi. Per non parlare dell’entità dei debiti di altri paesi come la Germania (2.147) e l’Italia (2.069).

Il 20 FEBBRAIO è stato firmato un accordo tra governo greco ed Eurogruppo, che conferma l’atteggiamento delle istituzioni europee e il suo sforzo di convincere i sudditi che “chi si ribella è perduto”. Nell’accordo le concessioni fatte alla Grecia sono solo verbali: non si parla di austerità e i cambiamenti strutturali menzionati non sono in quella logica (si parla di riforme amministrative e di repressione delle frodi fiscali). In compenso la Grecia riceverà gli aiuti che gli sono stati finora rifiutati solo a patto che paghi l’intero debito nei tempi previsti e che accetti la supervisione degli “uomini in nero”. Insomma solo a patto che accetti di replicare una politica economica che implica necessariamente l’austerità e che ha già portato la Grecia alla rovina. E che tradisca tutti gli impegni presi con gli elettori con un programma che ruotava intorno allo slogan “NESSUN SACRIFICIO PER L’EURO”.   Intanto la situazione economica precipita, lo Stato è ormai quasi senza fondi e il pagamento di stipendi e pensioni è a rischio, mentre il sistema bancario è sull’orlo del crollo.

Questo vuol dire allora che davvero chi si ribella è perduto? Alla domanda bisognerebbe rispondere che a medio termine siamo tutte e tutti perduti, se non c’è ribellione. La dittatura dei mercati finanziari ha gettato l’Europa ( e non solo l’Europa) in uno stato di stagnazione e crisi prolungate, i cui effetti si fanno sentire con i venti di guerra, l’ascesa di organizzazioni politiche populiste e razziste, l’ impoverimento di masse che un tempo ritenevano di appartenere al ceto medio.   Ma la risposta non è solo questa. Non finire con il cappio al collo è possibile, prima di tutto se c’è un MOVIMENTO DI SOLIDARIETA’ E DI MUTUO SOCCORSO con la Grecia e tra le popolazioni dei paesi più esposti alla crisi. La Grecia nella sua trattativa con le istituzioni europee è restata del tutto ISOLATA. Malgrado alcune ipocrite manifestazioni si simpatia, NESSUN GOVERNO ha mosso un dito in suo aiuto. E non avrebbe potuto essere diversamente. Non si deve infatti pensare all’Europa come un’entità estranea che si impone ai governi nazionali: l’Europa è l’insieme degli stati che l’hanno voluta e che hanno per primi inaugurato la politica economica che caratterizza oggi la Troika. Avere qualcosa che appare come imposizione esterna ai governi nazionali – “Ce lo chiede l’Europa”- ha consentito di presentare al popolo elettore l’AUSTERITA’ come frutto della volontà di potenze estranee. Possono essere solo i sindacati conflittuali, i movimenti di resistenza e di lotta, la sinistra radicale a fare proprio l’obiettivo della solidarietà con la Grecia nella logica del MUTUO SOCCORSO.

Non finire con la corda al collo sarà inoltre meno difficile, se si hanno le idee chiare. I fatti e le cose dimostrano che PUO’ ESSERE LETALE FARSI ILLUSIONI sulla possibilità di spezzare le logiche devastanti dell’austerità con il consenso della troika e senza iniziative unilaterali. Nella direzione di iniziative unilaterali da parte del governo greco va la costituzione di una commissione per la verità sul debito greco.

LA COMMISSIONE PER LA VERITA’ SUL DEBITO

La commissione potrà indagare più a fondo su fenomeni in parte già noti.

-Sul meccanismo che ha coinvolto la Grecia, come altri paesi europei e che si chiama ANATOCISMO, cioè un debito che si autoalimenta attraverso il pagamento degli sugli interessi. In Italia per esempio il 90 per cento del debito nel 2013 era costituito da interessi. Se si tiene conto che in alcuni periodi i tassi di interesse sono stati altissimi, si capisce perché piccoli disavanzi si sono trasformati in giganteschi debiti.

-Sull’entità di ogni debito pubblico agisce oggi in modo decisivo una SPECULAZIONE molto simile al gioco d’azzardo. Da alcuni anni in nome delle ideologie liberiste gran parte delle regole imposte alla finanza sono state abolite. Come conseguenza oggi l’economia è in balìa degli speculatori che si gettano come avvoltoi sui titoli dei paesi in difficoltà. Esistono infatti tutta una serie di giochetti possibili per costringere uno stato a pagare interessi più alti. Basta per esempio una vendita improvvisa di gran parte di titoli di un paese o un giudizio negativo di un’agenzia di rating per far crescere ancora tassi di interesse già alti. Le possibilità della speculazione di spolpare ciò che resta delle ossa di un popolo sono numerosissime. Ma l’elenco costringerebbe a discorsi troppo lunghi e complessi.

-Sul modo in cui la CORRUZIONE agisce sul debito pubblico, grazie alla possibilità che i politici hanno di fare spese con i soldi dello stato. Esiste un prelievo diretto, di cui abbiamo in Italia una vasta esperienza. Si fanno cioè spese personali con i fondi che dovrebbero servire al funzionamento della democrazia o di un servizio pubblico. Ma in genere la parte più consistente delle ruberie avviene per altra via, favorendo cioè questa o quella impresa in cambio di mazzette. La Grecia, per esempio, è uno dei paesi al mondo con una più alta e ingiustificata spesa militare, che ha contribuito non poco ad aumentare il debito pubblico. La ragione principale è nelle consistenti mance che si nascondono dietro le commesse militari. Un ex-ministro della Difesa è stato arrestato nel 2012 per aver accettato un’enorme mazzetta da un’industria di armi tedesca. Ma non si tratta di un episodio soltanto: in Grecia come in Italia la corruzione è una delle pratiche più frequenti e contribuisce quindi non poco a far lievitare il debito.

-Sulle spese fatte per esigenza di AUTOPROMOZIONE di partiti politici. Ha contribuito a mettere nei guai la Grecia anche la spesa affrontata con attitudine megalomane per ospitare ad ATENE le OLIMPIADI del 2004. Bisogna perciò chiedersi quanto sia legittimo che un governo del tutto diverso da quello che si è indebitato paghi i suoi debiti. Nella vicenda storica la legittimità del pagamento è stata messa nei fatti in discussione.

Proprio la GERMANIA, i cui politici e le cui banche si accaniscono contro il popolo greco, non ha pagato gran parte dei suoi debiti. Tra gli altri la Germania dovrebbe alla Grecia, secondo calcoli del governo SAMARAS una cifra che oscilla tra i 162 e i 341 MILIARDI di EURO. Praticamente dalla metà all’intero debito pubblico di quel paese. Se non si vogliono calcolare i danni di guerra, la cui entità e logica è spesso inaccettabile, resterebbero comunque 10-11 miliardi di euro di un prestito forzoso, imposto nel 1942 dai nazisti alla Banca Centrale Greca. Non si tratta però tanto di rivendicarne il pagamento quanto di avere un’ulteriore prova che i debiti si possono anche non pagare.

-Sui soldi spesi dagli stati per la SALVEZZA di UN SISTEMA BANCARIO che si è messo nei guai , sparpagliando in giro per il mondo PRODOTTI TOSSICI. La crisi è cominciata negli Stati Uniti proprio così, con la produzione di prodotti finanziari ad alto rischio che venivano impacchettati in modo che il rischio diventasse invisibile e venduti a banche e clienti di tutto il mondo. La retorica liberista contro l’intervento dello stato in economia ha mostrato in questi anni di essere pura IDEOLOGIA. In realtà si chiede che lo stato intervenga sempre meno per i bisogni sociali e la crescita dell’economia per poter intervenire sempre più in aiuto di banche e imprenditori.

-Sulla VIOLAZIONE dei DIRITTI UMANI garantiti dall’ ONU e dalle associazioni internazionali. Sono stati infatti contraddetti i trattati e le convenzioni per i quali il pagamento dei debiti non potrebbe violare alcuni elementari diritti (alla salute, all’istruzione, a un reddito dignitoso). La commissione verificherà che l’insieme delle condizioni dettate dalla Troika alla Grecia ha privato i bambini di cibo, escluso gran parte della popolazione dalla sanità pubblica, lasciato senza salario in gran numero di lavoratrici e lavoratori.

Si potrebbe ancora continuare. Vale qui la pena solo di ricordare che il presidente scientifico della commissione, ERIC TOUSSAINT, è stato consulente di RAFAEL CORREA in ECUADOR che ha disconosciuto 7 miliardi di debito estero.   E anche di segnalare che un appello a sostegno della commissione è stato firmato da un gran numero di persone tra le quali Immanuel Wallerstein, Etienne Balibar, Frei Betto, Leonardo Boff, Sara Rosenberg, Noam Chomsky, Gloria Saler Sera, Michael Lowy, Tariq Ali…..

Siamo donne che resistono alla crisi e anche se non ci occupiamo solo delle donne, parleremo il 6 giugno delle resistenze e delle piccole e grandi vittorie ottenute perfino in questi difficili anni, in modo particolare in Grecia e in Spagna.

L’iniziativa è organizzata da   DONNE NELLA CRISI- COLLETTIVO FEMMINISTA LGBIT*Q LE LUCCIOLE- COMMUNIANETWORK

Comments are closed.